close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Biancaneve - Recensione: il live action della discordia

Temuto e criticato ancora prima di uscire è un live action sopra la media dei suoi omologhi, ma dove risaltano ancora di più i difetti della nuova formula Disney

La paura che la ricezione decorosa di Biancaneve fosse dovuta solo all'hype negativo accumulato negli anni era concreta.

 

Nonostante alcuni live action Disney siano stati grandi successi di pubblico, la loro reputazione critica è decisamente scarsa: sono visti (spesso giustamente) come operazioni di puro riciclaggio sui Classici della compagnia, senza grandi sforzi di aggiornamento creativo e con l'inserimento di una dimensione politica percepita come insincera e interessata. 

 

Biancaneve aveva fatto arrabbiare molti fin dall'annuncio della produzione: polemiche sul casting di Rachel Zegler nel ruolo della "bianca" per eccezione, sulla questione della rappresentazione dei nani in un'epoca di crescente sensibilità ai temi dell'intersezionalità e dell'abilismo, fino ai discussi endorsement delle politiche di Benjamin Netanyahu da parte dell'attrice israeliana Gal Gadot.

 

[Il trailer di Biancaneve]

 

 

Ora che il film è in sala quella paura può dirsi superata... in parte.

 

Biancaneve ha sicuramente "qualcosa in più" rispetto ad altri live action Disney, a partire dal fatto (per niente scontato) che non è una copia carbone dell'originale del 1937. 

Questo in parte si deve al materiale di partenza, che nel caso di Biancaneve (probabilmente uno dei 20-30 film più importanti della Storia del Cinema) non è certo quello vibrante e ancora modernissimo del film di animazione Disney. 

 

Biancaneve e i sette nani non è solo un'opera di quasi novant'anni fa, è il film che da tutti i punti di vista inventava la formula dei Classici Disney e in questo senso non può che esserne una versione ancora embrionale, troppo stilizzata e priva di approfondimento psicologico per i gusti del pubblico di oggi.

 

Una certa modernizzazione era quindi obbligatoria, anche considerando i problemi di inattualità ideologica.

 

 

[Rachel Zegler in una scena di Biancaneve]

 

 

Seppur in parte obbligato, il lavoro di Marc Webb mostra quindi uno sforzo concreto per rendere attuale la storia di Biancaneve.

 

L'idea di giocare la carta del musical è azzeccata, con canzoni discrete e una direzione che almeno nella prima parte cerca di trovare un'energia coreografica.

La patina visiva anonima e digitalizzata dei live action Disney è presente, ma in più punti si assiste a un tentativo di movimentare almeno un po' la messa in scena, giocando su illuminazioni più contrastate e accompagnando le performance con qualcosa di più simile a un approccio da musical classico. 

 

Webb è un regista competente e si vede soprattutto nella direzione del cast: se Rachel Zegler - una delle migliori attrici della sua generazione - è prigioniera di un ruolo insipido, risulta invece interessante il lavoro su Gal Gadot, la cui Regina cattiva è la parte a mio avviso più a fuoco del film.

Conscia dei limiti di un'attrice abbastanza statica, la regia li supera costruendo la sua performance al montaggio, preparando sugli storyboard ogni microespressione e gesto delle dita artigliate. 

L'interpretazione di Gadot non è forse raffinata, ma ha un certo fascino camp e tutto sommato porta in scena una cattiva carismatica. 

 

Allo stesso tempo si può apprezzare lo sforzo di rendere i personaggi di Biancaneve delle figure più sfaccettate, che ambiscono a costruire un discorso indipendente su cosa significhi essere eroine o malvagie. 

Biancaneve non è più "the fairest" (che in inglese vuol dire bella, ma anche buona e giusta) per pura premessa narrativa, ma in una logica morale che porta in primo piano il tema dell'impegno politico, dell'esporsi per fare la cosa giusta, mettendola in contrapposizione non solo con la malvagità della regina, ma anche con l'egoismo del principe. 

 

Proprio perché funziona meglio di altri live action tuttavia Biancaneve rischia di risultare un boccone ancora più amaro da inghiottire: la sua riuscita parziale è una cartina di tornasole di quello che non va in questi prodotti Disney e che qui delude di più proprio perché tarpa le ali a un progetto che avrebbe avuto qualcosa da dire.

 

 

[Biancaneve: Gal Gadot nei panni della Regina]

 

 

È facile accorgersi dell'anonimità dell'aspetto visivo in un film che in qualche momento sembra aspirare a un impegno maggiore nella messa in scena ed è ancora più facile rimpiangere l'essenzialità del racconto originale quando la sceneggiatura (giustamente) si discosta dall'idea di esserne una fotocopia, rivelando però tutti i propri limiti strutturali e di caratterizzazione. 

 

A proposito di caratterizzazioni ho provato irritazione per l'opportunismo delle politiche Disney quando si parte da un personaggio con un'introduzione e un conflitto narrativo interessanti.

La Biancaneve di Zegler suscita la nostra curiosità quel tanto che basta per acuire l'insofferenza nel momento in cui si rivela l'ennesima protagonista Disney priva di complessità, incriticabile e continuamente in posizione di superiorità morale verso gli altri personaggi. 

 

Esempio perfetto di quest'incapacità di uscire dalle trappole dell'ultimo periodo Disney è la caratterizzazione dei sette nani, protagonisti delle sezioni più statiche e visivamente povere del film.

Il problema non era da poco, considerando che manda in cortocircuito due degli imperativi fondamentali che guidano queste produzioni: da una parte quello di sfruttare le proprietà intellettuali già note (i sette nani fanno chiaramente parte del "brand Biancaneve"), dall'altra quella di mostrarsi ineccepibili dal punto di vista politico, il che in questo caso porta in un vicolo cieco. 

 

Se Disney avesse scelto di eliminare i personaggi si sarebbe esposta alla critica di aver "bruciato" un'opportunità lavorativa per attori affetti da nanismo, ma se avesse fatto questa scelta di casting sarebbe stata criticata per averli relegati in ruoli umilianti e sterotipici.

Tra i due mali si è fatta la scelta più prudente e cinematograficamente debole: realizzare i nani in CGI come (brutte) creature del folklore in stile J.R.R. Tolkien e inserire nel cast un unico attore con acondroplasia (George Appleby) per rimarcare la distanza dagli stereotipi abilisti e dalle critiche sul cast. 

 

Personalmente credo che il risultato sia un film che non accontenta nessuno e che mi auguro possa portare Disney ad aggiustare il tiro, tornando a curare le storie e la direzione artistica in modo soddisfacente. 

___

 

CineFacts non ha editori, nessuno ci dice cosa dobbiamo scrivere né come dobbiamo scrivere: siamo indipendenti e vogliamo continuare a esserlo, ma per farlo abbiamo bisogno anche di te!  

Se ti piace quello che facciamo e il nostro modo di affrontare il Cinema, sostienici entrando tra Gli Amici di CineFacts.it: aiuterai il sito, i social e il podcast a crescere e a offrirti sempre più qualità!

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Articoli

Articoli

Articoli

Lascia un commento



close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni